martedì 13 aprile 2010

Sardegna: le piccole isole sono figlie di un Dio minore


“Si tutelino le coste della Sardegna, ma quelle delle isole minori siano tutelate a metà”. Pensiamo abbiano seguito questo precetto gli amministratori regionali che negli ultimi trent’anni hanno legiferato in materia urbanistica in Sardegna.

Costa di Sant'Antioco
Dai tanti decreti sull'urbanistica della regione Sardegna, fino ai tanti piani per l'edilizia della Giunta Cappellacci e passando per le varie norme che si sono succedute negli anni, le diverse discipline urbanistiche hanno previsto che le coste delle isole minori della Sardegna avessero la tutela dimezzata: vincolo di inedificabilità su una striscia di 300 mt dalla battigia per la Sardegna, per le isole minori solo 150 mt!
Anche la “legge salvacoste” emanata dalla giunta Soru, pur essendo un vincolo provvisorio, ha gravemente penalizzato le coste delle isole sarde, apponendo il vincolo alla sola fascia dei 500 mt, mentre nel resto della Sardegna è stato fissato in 2 km. Questo ha consentito che sulle zone costiere delle isole – e nelle aree agricole adiacenti - si scaricaricassero, negli anni di vigenza della “salvacoste”, gli appetiti speculativi dei tanti costruttori che affollano la Sardegna.
Nell’isola di Sant’Antioco, ad esempio, negli anni 2003-2009 sono stati realizzati volumi stimati per ospitare oltre 5.000 nuovi abitanti, senza alcun beneficio per l’economia! Non se ne sono accorti gli imprenditori locali (neppure le imprese edili), non se ne sono accorti i disoccupati (sono aumentati del 4% in 5 anni), mentre l’emigrazione giovanile è rimasta pressoché costante, a fronte di un decremento demografico di alcune centinaia di unità annue.
Negli ultimi anni si è creata una bolla speculativa che ha drogato il mercato edilizio e il suo indotto (le imprese locali non sono più concorrenziali e perdono sempre più competitività). Nascono e scompaiono società immobiliari, di costruzione, di intermediazione e nel loro disastroso percorso senza regole trascinano anche le piccole imprese del territorio. Di alcune di queste società si sta occupando da diversi anni la magistratura.
Un’altra considerazione va fatta sulla destinazione degli immobili costruiti: si è edificato tanto eppure non si è risolto il problema abitativo dei residenti - sempre più poveri e sempre meno competitivi su un mercato aperto ai più facoltosi “continentali” – e inoltre manca quasi del tutto la ricettività alberghiera.  
Ritornando alla tutela dimezzata, non si comprende quale sia la motivazione che la ispira, perché se la “ratio” del vincolo di inedificabilità è quella di tutelare la costa, come mai le coste delle isole minori devono essere tutelate di meno rispetto a quelle dell’isola madre? La norma avrebbe un senso se queste isole fossero lunghe e strette, tanto da non consentire nessuna costruzione, ma la larghezza di queste isole oscilla dai 4 ai 7 km!
La sezione di Sant’Antioco e il Consiglio Regionale Sardo di Italia Nostra hanno inutilmente sollevato la questione in diverse occasioni (nelle osservazioni al Piano Paesaggistico Regionale, in fase di discussione della legge urbanistica mai varata dalla Giunta Soru, e ultimamente nel corso dell’audizione e delle iniziative sul “piano casa”) ma per quanto sia stato manifestato interesse sull’argomento, non si è mai riusciti ad eliminare questa palese assurdità urbanistica.
Rimaniamo convinti che le isole rappresentino ecosistemi sensibili unici e irripetibili e pertanto degni di tutela quanto l’intero territorio costiero della Sardegna e continueremo a batterci affinché non siano più previsti regimi di protezione attenuati per le isole minori e perché sia piuttosto   prevista una particolare forma di tutela e di salvaguardia diversa e più attenta alle peculiarità locali, rispetto a quella applicata nell’isola madre.
Le isole minori possono rappresentare veri e propri poli di sviluppo del Mediterraneo, laboratori dello sviluppo sostenibile e aree di sperimentazione, meritevoli pertanto di salvaguardia ambientale e di recupero socioeconomico. Una intelligente e lungimirante politica di pianificazione territoriale che tenga conto della protezione dei propri beni ambientali non rappresenta un limite allo sviluppo economico e sociale ma, se abilmente gestita, può rappresentare una opportunità economica per la comunità locale. In quest'ottica, l'istituzione di aree marine protette, o di parchi, ove mancanti, come nell’arcipelago del Sulcis, potrebbe rappresentare un significativo contributo sia sul versante della tutela che su quello dello sviluppo economico.

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