sabato 17 novembre 2012

Orizzonte perduto

 Graziano Bullegas*

I numerosi Movimenti e Comitati Locali che negli ultimi anni son nati in Sardegna, ognuno con la propria specificità locale, sono accomunati dall’obiettivo di opporsi all’installazione di strutture, impianti e aziende che aggrediscono il territorio, deturpano l’ambiente, distruggono il paesaggio e sempre più spesso la stessa economia dei luoghi. Le iniziative contrastate dai Comitati locali, e talvolta supportate da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, vengono quasi sempre presentate come insediamenti da realizzarsi in nome della tutela dell’ambiente, della valorizzazione del territorio, funzionali agli obbiettivi del protocollo di Kyoto e quindi al risparmio energetico – naturalmente tutti gli interventi vengono realizzati “nel pieno rispetto dell’ambiente e del bene comune, attraverso un percorso di sviluppo sostenibile”, come si legge nel sito internet dell’impianto eolico di Ulassai.
Sempre più frequentemente il protocollo di Kyoto, la conferenza di Rio, la limitazione dei gas serra e il controllo climatico etc.. vengono utilizzati come pretesti per giustificare ecomostri e improponibili scempi ambientali.
A partire dalla chimica verde, che nasconde un inceneritore che condizionerà le future produzioni agricole di centinaia di ettari imponendo la monocoltura del cardo e non si esclude possa bruciare anche rifiuti urbani, passando per i “progetti di miglioramento fondiario” di centinaia di ettari di fertile terreno agricolo che vengono coperti con panelli fotovoltaici camuffati da serre o intere vallate ricoperte da migliaia di specchi e strutture d’acciaio per permettere la produzione di energia attraverso il solare termodinamico. Per arrivare poi alle wind farm o parchi eolici che occupano le nostre colline con centinaia di pali e pale con altezze superiori ai 70 mt e visibili da ogni dove, e non paghi chiedono di occupare pure il mare con gli impianti off-shore, poco importa se sorgeranno in prossimità del parco nazionale dell’Asinara o dentro il golfo degli Angeli. E ancora la nuova linea di termovalorizzatori dell’inceneritore di Tossilo fortemente contrastata dal comitato “Non bruciamoci il futuro” di Macomer o l’impianto trattamento dei rifiuti di Arborea contro cui lottano i cittadini della frazione di Sant’Anna in comune di Marrubiu.

Sotto processo è la green economy colpevole di inquinare quanto l’economia tradizionale e che vorrebbe farci dimenticare i numerosi siti degradati e i tanti impianti dismessi e mai bonificati disseminati per tutta la Sardegna.

Fra poco nell’isola arriverà pure il verde doc con i 25 campi da Golf. Green nuovi di zecca con annessi hotel, club-house e residenze, 150 villette da 180mc, per ogni campo, per complessivi 3mila HA di terreno occupato e 3 milioni di mc edificati. Sulla fascia costiera possibilmente!

E dopo essersi impadroniti delle nostre parole ci stanno privando pure dei nostri luoghi, dei nostri paesaggi, omologandoli a quelli più brutti della penisola, facendo perdere alla nostra isola “la sua diversità, la sua varietà d’aspetti e di caratteri di un intero continente” come la definiva Marcello Serra.

Se qualche geografo volesse riprendere il lavoro di Maurice Le Lannou che nel descrivere la geografia della Sardegna nel suo libro “Pastori e Contadini di Sardegna” ha raccontato la storia dei sardi e la struttura della loro economia nei secoli, dovrebbe oggi probabilmente affrontare il tema del “nuovo colonialismo” che si impone grazie anche all’opera meritoria di amministratori locali e regionali che in nome dell’autonomia gestiscono il territorio per conto dei costruttori e consegnano le terre fertili, le coste e l’intero paesaggio alla speculazione in cambio spesso di semplici promesse. Dovrebbe raccontare del ruolo delle soprintendenze anche esse troppo spesso colpevolmente assenti e compiacenti.

“Occorre dunque una legge che «ponga, finalmente, un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo» diceva negli anni ‘20 Benedetto Croce presentando la prima legge italiana sulla difesa del paesaggio. A quasi un secolo di distanza, nonostante le tante importanti leggi che regolano la materia, da quelle di Bottai nel ’39 all’articolo 9 della Costituzione Italiana, fino al Codice dei Beni Culturali e Ambientali, le parole di Croce appaiono di un’attualità sconcertante.
 

Soprattutto in questa Sardegna dove si combatte ancora contro la città lineare fortemente contrastata da Antonio Cederna quarant’anni fa. Speravamo di aver chiuso definitivamente quel capitolo grazie alla legge salvacoste e al Piano Paesaggistico Regionale di Soru e invece siamo daccapo.

“C’eravamo appena procurati un Piano Paesaggistico che ce lo vogliono smontare” affermava Giorgio Todde qualche tempo fa. I numerosi “piani casa”, la legge sul golf, e l’ultima leggina sulle zone umide (che cancella in un sol colpo la tutela prevista dal PPR, dal codice dei BBCC e lo stesso pronunciamento del Consiglio di Stato) hanno inferto i primi colpi mortali al PPR. Lo scorso luglio il Consiglio Regionale ha approvato le nuove linee guida che di fatto derubricheranno la fascia costiera da bene paesaggistico a terra di conquista, trasformando le aree agricole in terreni marginali al servizio della nuova speculazione immobiliare.
 
Per raggiungere questo obbiettivo fanno pure carte false, impedendo il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni rappresentative di interessi diffusi e nel totale disprezzo della normativa italiana ed europea e dello stesso PPR, sulla partecipazione delle comunità ai processi decisionali. E ancora non basta, la stessa nomina della Commissione Regionale per il Paesaggio e la Qualità Architettonica è inficiata da atti illegittimi e dalla presenza di associazioni di comodo. Ma questa è materia di cui si sta occupando la magistratura cagliaritana.

Disposti a tutto quindi, fino a demolire il più avanzato progetto di pianificazione paesaggistica realizzato in Italia, pur di perseguire gli interessi della speculazione immobiliare. Naturalmente in nome dello sviluppo e del progresso e per omologare la Sardegna e il suo paesaggio ai luoghi più brutti di questa Italia sempre più consumata e sempre più invivibile.

*Graziano Bullegas è presidente regionale di Italia Nostra; pubblichiamo una sintesi dell’intervento al Forum il “Tramonto del paesaggio” organizzato dai Presidi del libro della Sardegna (9,10,11 novembre 2012)
 
Questo articolo è stato pubblicato sul Manifesto Sardo  venerdì, 16novembre 2012 alle 00:15 

Nessun commento:

Posta un commento